E’ un periodo di forte confusione quello che sta vivendo l’universo della narrativa di genere, dovuto forse all’eccessivo proliferare di proposte che assumono le forme espressive più disparate e colpiscono l’utente finale con un martellamento continuo e costante lasciandolo spesso disorientato e insoddisfatto. Romanzi, film, serie tv, web series, fumetti, in un continuo frenetico rincorrersi e saccheggiarsi a vicenda nelle (poche) idee messe in campo, hanno creato un vortice dal quale è difficile uscire immuni e, soprattutto, nel quale è quasi impossibile continuare a mantenere un giusto distacco critico.
In questa sorta di grande calderone narrativo, un vero e proprio scenario a rischio di implosione, risaltano in maniera particolare quelle rare opere che riescono a stupire per la freschezza con la quale rielaborano tematiche classiche del genere coniugandole con quella originalità necessaria a sorprendere e convincere i lettori. E’ il caso del romanzo TONY TORMENTA, di Rosanna Rubino, uscito ad aprile per Fanucci. L’editore romano non è nuovo a scommesse su talenti promettenti e, stavolta, centra in pieno l’obiettivo con la giovane napoletana trapiantata a Milano, laureata in architettura ed esperta di comunicazione e marketing.
La Rubino costruisce una trama inquietante, di forte presa, rinunciando agli effetti speciali (nonostante ci si trovi nel territorio del soprannaturale) operando un lavoro che potremmo definire di sottrazione, che gioca più sul sottinteso e sull’appena accennato che sulla rappresentazione esplicita di eventi. La trama narra le vicissitudini di un sedicenne della provincia americana (il Tony del titolo) che deve fare i conti con una sensibilità ed una intelligenza fuori dal comune che lo rendono quasi un alieno all’interno della comunità in cui vive. Senza contare i suoi devastanti poteri telecinetici. Nonostante, da tali premesse, si possa pensare di trovarsi di fronte a una riedizione in maschile del classico Carrie di Stephen King, il romanzo della Rubino è qualcosa di molto diverso. Estremamente inquietante, si, ma con un ritmo e una visione ampi, tutt’altro che frenetici e per niente scontati.
Ma la sorpresa più riuscita è il cambio di registro impresso dal salto temporale che la storia subisce intorno alla metà del suo svolgimento. La prospettiva cambia, la tensione cresce, le domande aumentano. La iniziale perplessità viene subito diradata dalla mano ferma e dalla genialità dell’autrice che riesce a condurre il lettore in territori sconosciuti affascinandolo e coinvolgendolo in maniera totale. Fino al colpo di scena che (come ogni colpo di scena degno di questo nome) ricuce tutte le questioni lasciate in sospeso e dona un ulteriore, convincente punto di vista a quanto letto fino a quel momento.
Riguardo alla scrittura, appare subito evidente che la Rubino è una che ci sa fare. La prosa è tagliente, sicura, scorrevole e cupa al punto giusto. Non un vocabolo fuori posto, nessun compiacimento nelle descrizioni o nelle sequenze d’azione. Dialoghi che riescono a catturare con un fascino quasi ipnotico. Insomma, si va dritti al punto con molta sostanza e con un senso della misura che rivelano una personalità autoriale già ben delineata. E’ raro in un lavoro di esordio, ma non a caso si tratta di una allieva di lungo corso di una delle scuole di scrittura creativa più prestigiose d’Italia, quella di Raul Montanari.
Altro aspetto positivo che mi sento di sottolineare è la lunghezza non eccessiva che conferisce alla storia una compattezza quanto mai benefica.
In sostanza stiamo parlando di un romanzo davvero originale, godibile, capace di stupire, di affascinare, di colpire duro allo stomaco e di frantumare i preconcetti da lettore “scafato” che troppo spesso minano la gioia di leggere. Gioia che in questo caso si manifesta in pieno e ci lascia sperare di avere presto l’occasione di trovarci per le mani un nuovo romanzo di questa bravissima esordiente.
Romano De Marco, romanziere, giornalista, curatore della rassegna “Estate letteraria”. www.romanodemarco.it